"Ora
nella mia casa la notte non fa più paura, è la benvenuta". Così inizia
una delle poesie più toccanti che compongono la raccolta "Verrà l'anno"
della poetessa brasiliana Vera Lúcia de Oliveira. Le api della Diabaino
la incontrano in occasione della preparazione della Giornata Nazionale
del Diabete di cui lei sarà la madrina.
Seduti in silenzio ad ascoltarla, mentre recita alcuni dei suoi versi,
sembra quasi di conoscerla da sempre. È come una cara amica, un po'
timida e riservata, che ha fatto dell'italiano, come dice lei stessa "la
mia lingua, quella dell'anima".
Questo breve incontro la emoziona, è la prima volta che parla di poesia
nella nostra città. Il libro, vincitore del premio "Popoli in cammino
2005" è stato scritto in memoria di Grazia Basile, professoressa del
Liceo Scientifico Sequenza di Messina, definita dall'autrice "lettrice
sensibile e attenta, poeta nella vita e nell'anima". "Questo libro è
dedicato a lei - conferma Vera -. Oggi eravamo tutti a Messina, la sua
città, per ricordarla. Ognuno aveva conosciuto un aspetto, un lato della
sua personalità ed era come se avessimo messo insieme tante tessere di
un mosaico. Grazia era una persona aperta, aveva una lungimiranza
straordinaria, sia di tempo che di spazio. Riusciva a vedere dentro le
persone cose che gli altri non vedevano".
Passa poi a raccontare del suo arrivo nel nostro Paese e rivela di avere
una nonna di origine siciliana. Le pagine più belle della sua vita
ruotano intorno a questa splendida isola. "Sono arrivata in Italia la
prima volta nel 1983 - prosegue la poetessa -. Avevo vinto una borsa di
studio del Ministero degli Affari Esteri per proseguire gli studi, fare
un anno di specializzazione e laurearmi in Lettere.
Adesso vivo tra Perugia e Lecce, dove insegno, ma torno spesso in
Brasile, per lavoro. Viaggio molto e partecipo a numerosi convegni, sia
in Italia che a livello internazionale". Cittadina del mondo, quindi,
ma da buona brasiliana è stata anche lei vittima della "saudade".
"All'inizio ho avuto parecchie difficoltà ad ambientarmi qui in Italia.
Mi avevano sempre detto che era molto simile al Brasile.
Un mio professore mi diceva: "Ricordati che gli uomini ovunque vai sono
sempre gli stessi!" Io invece soffrivo per la sensazione di essere
straniera e in una cartolina gli risposi scrivendo: "Si sbagliava, gli
uomini non sono ovunque gli stessi". Poi però da Perugia mi sono
spostata a Napoli, quindi a Lecce, a Palermo e le cose sono cambiate. Mi
sono riavvicinata al mio modo di essere e di vedere le cose. Le persone
erano più aperte, più trasparenti. Prima, invece, era come se si
nascondessero, se avessero paura, paura di soffrire, forse nell'aprire
il cuore agli altri".
Il discorso passa sui suoi rapporti epistolari con gli amici siciliani,
della conoscenza della dottoressa Ferraro e del nipote Carmelo. Lei ne
parla entusiasta :"Per molti versi la cultura brasiliana è simile a
quella siciliana. Per il calore, i sentimenti, le emozioni della gente.
" La vita è l'arte dell'incontro" diceva il grande Vinicius de Moraes.
Non è mai stato più vero come in questo caso, in questo abbraccio che
unisce due paesi, due mondi che sembrano così distanti ma che invece
hanno la stessa anima".
"Verrà l'anno" è una raccolta di brevi componimenti, di poche righe
ciascuno, in cui si conduce il lettore incessantemente dal buio alla
luce, attraverso le stanze della memoria. "Mi sveglio dentro ho la luce/
all'interno delle vene ho tutte le luci accese/ non so spegnerle/ la
notte esse vanno a letto/ insieme ai miei sogni". Queste le parole
della poetessa che descrive la luce che filtra dentro, nella casa, in
cui c'è posto per tante cose: i ricordi, le fotografie, le piante, gli
animali come il passero, il gatto, i ghiri, le rondini. Il calore della
casa, della "cuccia", si contrappone al freddo del fuori e c'è forte il
desiderio di tornare nella prima casa, nel grembo materno. Quindi due
icone: una casa gialla e una nera. La prima rappresenta il tempo
interiore dell’anima in cui tutto era luce e calore, l’altra è quella
buia, del dolore, della notte, divenuta una prigione.
La casa ideale, quella del sogno, è il guscio della lumaca, la dimora
che avvolge affinché si resti nel dentro. Ma anche fuori del sogno,
nella terza casa, quella bianca, è entrata finalmente la quiete a sanare
le ferite che sembravano inguaribili, così che l’anno nuovo è adesso
libero di entrare. Ed è Vera luce.
Maria Cristina Scullino |