COSTRUIRE UNA CASA
(Vera Lúcia de Oliveira)
costruire una casa è come mettere ordine nel mondo
sistemo un
mattone lui resta dove lo metto
sono io che scelgo il mattone io
che preparo la calce
se potesse che tutto io potessi
sistemare
non avrei questa stretta al cuore no
rassetterei il
mondo che Dio mi perdoni
perfino meglio di lui
TRASLOCARE
(Helene Paraskeva)
Traslocare fa un effetto goffo,
scatole chiuse, lettere non
lette,
libri creduti, appunti persi,
e polvere al posto del
respiro.
E quei fiori vogliosi sulle tende
sudice
patacche,
colpe d’acciaio mai ammesse.
Come si fa a trasferire quel divano?
Chiamalo piuttosto
catafalco,
un Gòlgota imbottito di rimpianti
stupido,
sgraziato, difettoso.
Non si alza mai in piedi,
non accoglie
gli ospiti,
non ha maniere.
Ora di buttarlo.
RAPERONZOLO
(Mia Lecomte)
Da questa finestra faccio la mia casa
con tutto quello che
potrebbe essere
alle mie spalle dentro la sagoma di
una vera
casa che non si stagliasse
verticale all’origine ma
abbandonata
lungo il piano domestica non tutta
sguardo da un
solo pertugio proprio
qui in cima da cui disfo e
rifaccio
treccia per treccia la casa vera
quale sarebbe alle
mie spalle
portefinestre
ceste di zoccoli, galosce, ombrelli
una
chaise longue col cappello fiorito
lui che rientra per levare il
caffè
lei che riporta i biscotti sul prato
la tartaruga
procede sicura
nell’orizzonte al livello del tempo
disfo e rifaccio intrecciando la casa
alle mie spalle rifaccio
e disfo
mentre giù in fondo si perde in un’ombra
quello che
in alto è sembrato
MEMENTO
(Livia Bazu)
Mai perdere l’attenzione, mai la cura,
piccola e leggera come
sono
e quasi trasparente per giunta
non perdermi tra gli angoli senz’anima
del labirinto
armato
in cui si nascondono ingannevoli
invisibili e
inavvertiti
orchi buchi neri
avidi di oblii e
sfiducie
ruminando sempre le nostre impassioni
non assolvermi
ogni giorno
per non condannarmi
per tutti
i giorni
rimproverami
fino ad allungare l’orecchio
alla goccia
sottile della clessidra
la vaga clessidra nascosta tra i vicoli
della mia architettura
che versa lacrime e sangue quando si sente
mancare
e acque allegre fiotti di danza
per com’è la voglia e
il mistero
cercare il mio abito
e il portatore da vestire con la mia
pelle aperta
redimere insieme
cucire insieme una musica
ignota
labirinto e uscita
NOTE PER UNA BREVE COMMEDIA SENTIMENTALE
(Brenda
Porster)
loro si vogliono bene ma
lui talvolta sta male
perché
insoddisfatto di sé
lei si dispiace
che lui stia
male
e scrive una poesia sul male di lui
gliela fa
vedere.
lui sta veramente male
quando legge la poesia di
lei
dice che lei è ipersensibile
e decide di rompere il
rapporto
così
alla fine
stanno male tutti e due
the end
SPEZZARE IL COLLO AI PESCI
(Sally Read)
Lungo Camden High Street ci si attaccò un polposo
marciume,
grumi scuri di fragole, birra, bile a spruzzi sul
pavimento.
La luna, sussurravi. La mia chioma bagnata un cespo di ricci
nella calura.
Un litro d’acqua mi sciaguattava dentro.
La tua pelle è come la luna; una madonna seducente nel
tramonto.
Il tuo viso inzuppava il sole.
Biascicavi senza posa parole che la mia mente schivava
come un
pugno indeciso.
Vicino al pub, i treni sferragliavano per Euston, urlo rovente di
pistone e freni.
Volevi brindare, non mi mossi, la lingua grossa,
costole cerchiate di metallo: Ai treni.
Vedo ancora il tuo
leggero ritrarsi, sento il tuo dolce canto incurante
Ti amo da morire,
e una lucertola di sudore mi sfrecciò
improvvisa tra le spalle, ignara.
RICETTA PER IL PESCE FUOR D’ACQUA
(Eva Taylor)
La maggior parte dei pesci è muto
per cui lasciatelo bollire
qualche istante
fatelo raffreddare nell’acqua di
cottura
infine versatelo nell’alfabeto.
Imparerà a nuotare, a
respirare e a parlare
ma avrà sempre l’impressione
di essere
qualcos’altro.
Il suo lieve sapore amarognolo
che alcuni
apprezzano
altri trovano nauseante
vi suonerà come
accento.
Si può togliere con un filo d’olio d’oliva.
Extra
vergine, macinato a freddo.
Meglio freddissimo. Quasi come
d’acqua.
PALABRAS
(Adriana Langtry)
De los escombros
nacen
otras palabras.
Spuntano
come germogli
tra i mattoni crollati
colmando ogni
fessura
di radici,
spaccano le macerie
con la
fragilità
incombente
dei fili d’erba,
inquietas
y
sinuosas
come stelle filanti.
No son ésas
de ayer
né quelle del
passato,
ambiguas,
incrociate,
le parole sono
altre.
Nascono
dalle rovine
di una
lingua
bifolca,
de la mirada
bifronte
di un Giano
stanco.
Si affannano,
balbettano, tambalean,
si
rincorrono
nel doppio destino
che le affligge,
doble
como
el espejo
que refleja
y observa,
doppio
come
le rive
opposte
dell’oceano.
Nacen
de los escombros
le altre
parole.
Afloran redundantes
picchiettando fra i
denti
la loro melodia
di suoni disparati.
Sorgono dalle
macerie
rellenando el olvido,
dando voz
al
silencio
nella lingua
sbagliata.
Si scontrano,
se mezclan, se contagian,
su verdor
primigenio
copre di simboli
alterati
los restos
mudos
del derrumbe.
Sorgono dalle macerie
con un
recuerdo antiguo
di partenze e
addii.
Esplenden
come stelle filanti
nell’ibrido
cangiante
dell’occaso.
De los escombros
nacen
otras palabras.
Ni ésas ni
aquellas,
altre.
QUEL CHE RESTA
(Francisca Paz Rojas)
quel che resta
è cambiare percorso alle vie
entrare
nell’azione
che denigra se stessa
quel che resta
è ballare
proprio quando non si può
più
trattenere la morte al tramonto
ascoltare a quell’ora la
notizia
e fingere di lasciarla scivolare
deporre il perdono
dentro una piccola barca
e farlo
scorrere
in acque senza canne
senza fede nell’io risponderò
urtare contraffare
entrare ancora in un inizio,
annaspando
al risveglio sfocati,
arrestare ogni falsa preghiera
per dire sì
questo resta
la mobile coscienza sull’orizzonte
lento
dove si sta con piedi di maiale
e collo di cigno
dove
s’impara una lingua
che benda la prima
con il suo corpo di
lupa;
dove l’unico dono è Qui
inarrestabile altero
a tiro
di curva,
libero di non eleggere
l’altro,
un nodo a cappio,
silenzioso,
appeso a un muro esterno
LA SPOGLIAZIONE DELLE POETE
(Jacqueline Spaccini)
Qualcuna
inizia sfilandosi le scarpe,
le calze e poi la
gonna.
Qualcun'altra
si toglie il maglione,
la maglia e il
reggiseno.
A tutte hanno sottratto
almeno un'ora.
E quella non ha
avuto
il tempo di fare la spesa
in un'intera settimana.
Le colombine alla crema
recano la parola mattutina;
a una
la spremuta d'arancia
dà un decimo motivo per
esistere,
un'altra ha rubato il suo terzo caffè.
Qualcuna si sarà tolta la pelle
e qualcun'altra
l'anima.
Un'altra s'è smarrita.
Dipende.
Sapete com'è, al
buio, non sempre si capisce.
Del suo colore, le ha rivestite
tutte
la luce nera. Come una coltre,
ma trasparente.
AD OCCHI APERTI
(Begonya Pozo)
Ad occhi aperti
odori la stanza
antica. Siedi.
Con sguardo intimo
ti misuri, e taci.
…
Da su in giù levi
i pantaloni, lenta,
con cerimonia.
Rimani nuda sotto
le ossa croccanti.
SULLA PUNTA DELLE MIE SCARPE
(Sarah Zuhra Lukanic)
Sulla punta delle mie scarpe
C’è un mondo intero.
Lo
osservo incredula
E mi chiudo sotto le
stringhe
Slacciate.
Sulla punta delle mie scarpe
Ci sono le
tracce del dolore
Quotidiano.
Lo conservo come
muschio
Sotto il cipresso verde.
Sono ferma con la mia
pala.
Immobile.
Scruto le condoglianze dei
famigliari.
Sulla punta delle mie scarpe
Ci sono le gocce di
rugiada
Mattutina.
Come se le mie scarpe piangessero
Un
altro morto.