FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero
12 ottobre/dicembre 2008 Suoni di versi |
IL BRASILE DI VIA CIVITAVECCHIA,
NUMERO 7 - ROMA di Vera Lúcia de Oliveira |
Non c’è brasiliano o portoghese – professore,
ricercatore, intellettuale, artista, scrittore o poeta – che, di passaggio
per l’Italia, non sia andato a bussare al numero 7 di Via Civitavecchia,
in una strada tranquilla di un elegante quartiere di Roma, indirizzo della
stimata filologa, medievalista, brasilianista, storiografa del teatro e
della letteratura, professoressa emerita dell’Università La Sapienza di
Roma, “socia-corrispondente” dell’Accademia Brasiliana di Lettere, Luciana
Stegagno Picchio. Per noi, i suoi ex-studenti, brasiliani, italiani,
portoghesi e giovani arrivati dalle più diverse parti del mondo,
nostalgici dei nostri paesi e della nostra lingua, quel rifugio
accogliente era una specie di succursale di casa nostra e lei, l’illustre
e nota studiosa italiana, una sorta di seconda mamma che ci adottava con
generosità, e per sempre. Il suo amore per il Brasile nacque nel 1959, quando
approdò per la prima volta in quel paese. E la sua prima esperienza in
terra brasiliana fu fatta a Salvador, città che la incantò e che rimarrà
per sempre una grande passione. In quarant’anni, effettuando almeno due
viaggi all’anno, visitò il Brasile da nord a sud, istaurò relazioni di
amicizia con professori, studiosi e scrittori fra i più grandi, come Celso
Cunha, Antenor Nascentes, Alexandre Eulálio, Carlos Drummond de Andrade,
Antonio Candido. In quei viaggi si immergeva corpo e anima
nella cultura brasiliana, voleva conoscere tutto e parlare con tutti,
immagazzinare libri, parole, volti, frasi sentite di passaggio, momenti
quasi epifanici che lei, già di ritorno a casa, "ruminava" alla maniera di
Guimarães Rosa e che poi avrebbero dato origine a saggi e libri oggi
fondamentali. Nei suoi studi considerava le manifestazioni artistiche e
letterarie portoghesi sempre in un contesto più vasto, iberico ed europeo.
Lo stesso dicasi in relazione al Brasile, le cui letteratura e storia non
potevano prescindere, soprattutto nelle loro prime manifestazioni, dalle
relazioni strette con l’Europa. La sua storia della letteratura brasiliana
è un vasto e attualizzato panorama del paese nel quale la letteratura mai
è isolata dal momento storico e dalle condizioni socio-economiche che
hanno, di volta in volta, sollecitato dagli autori determinate e
specifiche formulazioni e risposte. Potremmo continuare a parlare ininterrottamente del
lavoro e della vita intensa e generosa di questa grande studiosa che ci ha
lasciato quasi in punta di piedi, in un giovedì, il 28 di agosto del 2008,
in una Roma che, stranamente, sembrava tranquilla e silenziosa, quasi
vuota dei suoi abitanti che si godevano avidamente gli ultimi momenti di
vacanze d’estate. Ma sarebbero parole, frasi, già senza la densità di un
corpo e di un’anima. Per questo diciamo semplicemente che il Portogallo e
il Brasile sono rimasti più poveri senza questa figura, la cui opera
rappresenta un traguardo per tutti noi, senza questa poliglotta che aveva
nei gesti e nelle parole la limpidezza e la semplicità che hanno solo i
grandi eruditi.
Intervista radiofonica a Luciana Stegagno Picchio |