Hofstetter’s serenade
(Máire Ní Chuilleanáin, 1944-1990)
I felt the draught just now as I was keying in the numbers –
the date of her death, going on twenty-five years ago;
it is May but the bright evening is turning colder,
the tight bundle of grief has opened out and spread
wide across these years she knows nothing of, and if I go
in search of her I must unwind and stretch out the thread
she left us, so it twines like a
[ long devious border
turning between the music stands, over and under
the kettledrums and the big bass lying on its side,
but it plunges away leaving the concert-hall behind
and catches her at the start, in the year she was eleven, when
it first rose out of her, the pure line of sound that grows
rising dipping never landing twice on the same spot, then
catching its breath and then flowing along as even
as her own breathing, smooth like a weaver’s thread
back and forth tracing. It weaves and it hops again,
the arched finger nails down the note but it overflows.
She was eleven years old. A thousand years before,
she could have been married to an emperor, she was sure
she was able to consent on the spot,
[ as the notes wrapped around her,
and
she went on playing as her eyes opened;
[ like words,
like the long serpent that can only swim upstream,
[ like time,
the line drew her along, the string and the bow, towards
the moment I saw the breath leaving her body,
[ and the silence began. |
Serenata
Hofstetter
Ho sentito
la folata
proprio adesso
mentre inserivo
i numeri-
la data
della sua
morte, che
avvenne venticinque
anni or
sono;
è maggio
ma la
serata chiara
si fa
più fredda,
il groppo
stretto del
dolore si
è aperto
e dilagato vasto
su questi
anni di
cui lei
tutto ignora,
e se
vado
in cerca
di lei
devo srotolare
e allargare
la trama
che lei
ci ha
lasciato, così
essa si
torce come
un
[
lungo confine
infido
che gira
tra i
leggii, sopra
e sotto
i timpani
e il
contrabbasso che
giace sul
fianco,
ma si
tuffa lontano
lasciandosi dietro
la sala
da concerto
e va
a prendere
lei all’inizio,
quando aveva
undici anni, quando
per la
prima volta
si levò
alta da
lei, la
linea pura
del suono
che
cresce salendo calando mai posando due
volte sullo stesso punto, poi
trattenendo il
fiato e
poi scorrendo
via regolare
come il suo
stesso respiro,
liscio come
il filo
del tessitore
che segue
avanti e
indietro. Zigzaga
e fa
un balzo
di nuovo,
le unghie
delle curve
dita
premute sulla
nota, ma
straripa.
Aveva
undici anni.
Mille anni
prima,
avrebbe potuto
essere sposa
a un
imperatore, era
sicura
che se
ne sarebbe
sentita capace,
[ mentre
le note
l’avvolgevano, e
lei continuò
a suonare
mentre si
aprivano i
suoi occhi;
[ come
le parole,
come il
lungo serpente
che sa
nuotare solo
controcorrente,
[
come il
tempo,
la linea
l’attrasse con
sé, corda
e archetto,
verso
il momento
in cui
vidi il
respiro lasciare
il suo
corpo,
[ ed
iniziò il
silenzio. |