Poesia,
«la mia vita vera»
a poesia está em tudo
– tanto nos amores como nos
chinelos,
tanto nas coisas lógicas
como nas disparatadas.
c’è
poesia in tutto – tanto negli amori come nelle ciabatte,
tanto
nelle cose logiche come in quelle spropositate.
Manuel
Bandeira
Quest’epigrafe
sembra particolarmente adatta ad esprimere il significato più intimo
della vita e dell’opera di un poeta fra i più grandi della letteratura
brasiliana, di un intellettuale coerente e vitale come pochi, di un
cronista attento ai minimi fatti della vita in cui trovava poesia, sia che
si trattasse di una notizia di giornale che della pubblicità di una
saponetta. Bandeira ha vissuto il suo tempo e l’ha saputo cogliere con
partecipazione commossa e solidale, penetrando nei piccoli e grandi drammi
delle persone più umili, dalle quali traeva lezioni di pertinacia e
coraggio. (…)
La
sua arte, che è l'espressione lucida e convincente della propria
esperienza personale, sa farsi corale e collettiva nell’estrinsecare
attese, sogni, miserie e dolori che egli coglie dal contatto intimo con la
realtà; nasce dall'osservazione diretta del reale, ma è poesia che
rivela l'essenziale, che scende a toccare il magma profondo della vita e
della morte. (…)
Bandeira
fu scherzosamente definito da Mário de Andrade il «San Giovanni del
Modernismo brasiliano», perché, anche se non partecipò direttamente
alla Settimana di Arte Moderna, già presentava nel suo primo libro A cinza das horas [La cenere
delle ore], pubblicato nel 1917, i segni premonitori dell'ansia di
innovazione che sfocerà nel Modernismo del 1922. Nella raccolta La
cenere delle ore, tuttavia, le reminiscenze simboliste e parnassiane
sono ancora abbastanza evidenti, sia nel linguaggio sia nei temi trattati.
Un tono di sofferta confessione attraversa l’opera: il poeta è
ripiegato su se stesso, sul suo dolore di tisico improvvisamente strappato
all’infanzia e all’adolescenza. Non c’è traccia della sua
caratteristica ironia, che comparirà solo dal secondo libro in poi. Qui
il poeta confessa di fare versi «come chi piange», «come chi muore».
(…)
Nella
raccolta successiva, Carnaval [Carnevale],
del 1919, Bandeira incorporerà nel proprio linguaggio tutta una serie di
innovazioni formali che richiameranno l’attenzione di molti critici, sia
di coloro che vedevano nel testo un chiaro esempio di degenerazione
artistica della modernità, sia di coloro che, come João Ribeiro
[1860-1934], intravedevano dietro l’apparente mancanza di unità
dell’opera che «tutto è di un accurato rigore: basterebbe una sola
delle composizioni di Carnevale
per dire come è vario il ritmo dei suoi versi e come è compiuta l’arte
con cui li compone». (…)
Nella
raccolta successiva, O ritmo
dissoluto [Il ritmo dissoluto],
pubblicata nel 1924, il poeta continua l’opera di scardinamento dei
metri fissi che avevano caratterizzato La
cenere delle ore. Questo è un libro di transizione, come ammette lo
stesso Bandeira, verso una forma più matura, equilibrata, e verso
un’espressione libera e cosciente delle proprie idee e sentimenti. Il
suo lirismo, spesso auto-ironico, acquista un tono confidenziale,
schietto, intimo. Il poeta si fa più intenso, più quotidiano, ma anche
più tenero e malinconico: ha imparato a sublimare il dolore, ad
esprimerlo con sempre maggior pudore e levità. (…)
L'opera
di Bandeira che segna definitivamente il distacco dalle estetiche
parnassiane e simboliste è
Libertinagem [Libertinaggio],
pubblicata nel 1930. Libro vario e complesso, in esso l’autore allarga
la propria accurata indagine della realtà a tutto il Brasile. È qui
che egli riprende contatto con la sua Recife, la città in cui era nato
e in cui aveva vissuto dal 1886 al 1890 e dal 1892 al 1896 e che gli aveva
lasciato un’eredità di suoni, immagini e presenze vive come quella dei
nonni, o delle persone che frequentavano la casa di famiglia, o ancora dei
venditori ambulanti, dei bambini con cui giocava, pescava, fumava di
nascosto... (…)
Nel
1936 Bandeira pubblica Estrela da
manhã [Stella del mattino], libro della maturità (il poeta aveva compiuto
cinquant’anni), venato di una malinconia che gli è tipica, solo un
po’ più amara e disincantata, come si vede nel testo «Momento in un
caffè». (…)
Con
Lira dos cinqüent’anos [Lira
dei cinquant’anni], pubblicato nel 1940, Bandeira, dopo essersi
liberato dalla tirannia delle forme fisse presenti nella sua formazione
giovanile, dopo aver creato e plasmato il verso libero come pochi altri,
adeguandolo ad esprimere tutte le tensioni di una realtà proteiforme,
ricompone il suo rapporto con i metri e le forme classiche e popolari
della poesia in lingua portoghese, ma ora con più ironia e libertà,
compiendo una sorta di omaggio al lirismo, che in questa lingua è una tradizione
radicata e straordinariamente viva. (…)
Nel
1940 Bandeira è eletto all’Accademia Brasiliana di Lettere. Se non era
il primo modernista a entrarvi - c’erano già Cassiano Ricardo
[1895-1974], Múcio Leão [1898-1969], Guilherme de Almeida [1890-1969] -
causa sempre un po’ di stupore l’ingresso di un antiaccademico per
eccellenza in un’istituzione notoriamente conservatrice. Il ribelle
Oswald de Andrade aveva provato per ben due volte a farsene aprire le
porte, in verità più per spirito polemico che per convincimento, ma la
sua candidatura fu sempre respinta.
Nel
1948 esce la raccolta Belo belo
[Bello bello], nella quale il
poeta prosegue il riavvicinamento ai ritmi tradizionali della poesia
brasiliana e portoghese. Ma non abbandona il verso libero che sceglie per
alcune delle poesie più espressive e intense, come «Scusa», «La realtà
e l’immagine», «L’animale», «Nuova poetica», «Unità», «Arte
di amare». (…)
Nel
1952 viene pubblicato Opus 10 e
nel 1958 Estrela da tarde [Stella
della sera]. Sono gli ultimi due libri del poeta, entrambi venati di
una malinconia che si va accentuando con gli anni, talvolta ironica ma
anche tenera e paziente verso se stesso e verso gli altri, talvolta amara
nella constatazione dolorosa che «a
vida é traição», che la vita è tradimento. (…)
Aperto
alle proposte e alle esperienze dei giovani, Bandeira accoglie negli anni
‘60 anche lo sperimentalismo radicale delle nuove avanguardie,
soprattutto il Concretismo,
inaugurato nel 1956 da Décio Pignatari [1927], Haroldo de Campos [1929] e
Augusto de Campos [1931]. Pubblica alcune poesie in cui intensifica un
tratto non assente nelle sue opere anteriori, cioè la valorizzazione
degli elementi grafici e visuali del segno linguistico. Non aderisce al Concretismo
come nuovo proselito, ma accoglie alcuni dei suoi principi validi per ogni
tipo di poesia, praticati già dai modernisti del ‘22. (…)
Le
poesie che abbiamo selezionato in questa antologia seguono l’arco di
evoluzione di questo lirismo, partendo dal primo libro, La cenere delle ore, per arrivare all’ultimo, Stella della sera. I testi sono stati scelti in base alla loro
importanza nella traiettoria poetica dell’autore; si è cercato di
rendere, il più possibile integralmente, un universo composito fatto di
tensioni essenziali - vita/morte, partecipazione/distacco, utopia/realtà
-, di un lirismo che riscatta dal nulla l’esistenza, che sublima
affanni, che redime dal morire per forza di casualità e natura.
dall'introduzione
di Vera Lúcia de Oliveira