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Premessa
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Parte
prima |
Da innocente
Adamo a feroce cannibale |
Parte
seconda |
Gruppi etnici e
lingue al momento della Conquista |
Parte
terza |
L'indio nel
contesto della cultura brasiliana dal Cinquecento a oggi |
Parte
quarta |
L'altro,
anzi l'altra, nella visione della Mundus Novus |
Parte
quinta |
Deprecação:
un canto di rivolta e lutto |
Parte
sesta |
Realtà e mito
nel romanzo O Guarani di José de Alencar |
Parte
settima |
Navigazion
del capitano Pedro Alvares scritta per un piloto portoghesee tradotta di
lingua portoghesa in la italiana |
Parte
ottava |
Viaggio
atorno il mondo fatto e descritto per messer Antonio Pigafetta |
Parte
nona |
Appendice. Cenni
storici |
Bibliografia |
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Note
bibliografiche |
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Riguardo al titolo..
Al
lettore attento che conosce la problematica indigena e le questioni e temi
legati alla cultura brasiliana non sarà sfuggito che abbiamo scelto per
questo libro lo stesso titolo che il grande antropologo e scrittore
brasiliano Darcy Ribeiro ha scelto per un suo famoso romanzo pubblicato
nel 1982, Utopia selvagem,
tradotto in tante lingue e diffuso in molti paesi.
Il
titolo originario del libro di Vera Lúcia de Oliveira è “L’indio del
Brasile: innocente Adamo o feroce cannibale?”, ma abbiamo voluto
lasciarlo come sottotitolo, preferendo proprio il geniale “Utopia
selvaggia” di Darcy Ribeiro per rendere un omaggio a colui che è uno
dei massimi studiosi della questione indigena, senza il quale oggi
sapremmo molto di meno, e senza la profondità e la sensibilità
dell’autore, sulle diverse etnie di indios presenti nel territorio
brasiliano.
L’argomento
ci premeva in questi tempi di globalizzazione, di omologazione, di perdita
di identità culturale e linguistica da parte di tanti popoli nei vari
continenti, popoli che subiscono l’invasione dei loro territori, che
subiscono violenza, che vengono espropriati dei pochi beni che hanno. Ecco
che un libro come questo, sulle minoranze indigene del Brasile, ci pareva
attuale proprio dinanzi a questi fatti che sconvolgono le nostre coscienze
e ai quali abbiamo prestato ascolto, pubblicando un’opera che in tal
senso, pensiamo, potrà dare il suo contributo.
Il
titolo dunque è il nostro omaggio a Darcy Ribeiro, un intellettuale
impegnato non solo con la questione indigena, ma con l’uomo in senso
lato, con l’umanità, la sensibilità, l’apertura all’altro, la
disponibilità all’ascolto, il cammino in direzione delle nostre radici
più profonde e della nostra anima.
Alberto
Gaffi, Roma, 2006 |
PREMESSA
“L’indio
del Brasile” è un argomento impegnativo, per la complessità cui allude
e per la molteplicità di storie e culture ancora oggi sostanzialmente
poco studiate e poco conosciute in Italia. Questo, più che un saggio
antropologico o storico, vuole essere una riflessione sugli esiti
artistico-culturali e sui modelli e schemi estetici e ideologici con cui
il tema è stato di volta in volta trattato. Il nostro ambito di studio è
quello letterario, ma con la consapevolezza che in Brasile la letteratura
ha molte volte travalicato il suo campo, entrando nel dibattito inerente
questioni di rilevanza nazionale. Per di più, è proprio nell’ambito
della letteratura che forse meglio si colgono le peculiarità e le
antinomie di questo paese.
Il
tema dell’indio, che ha dato origine a tante rappresentazioni
discordanti e contrapposte, costituisce un vero e proprio mito connaturato
all’arte e alla letteratura brasiliana, perennemente rielaborato, sempre
con attributi e connotazioni diverse. Seguendo la genesi di tale mito
possiamo cogliere la stessa formazione della cultura del paese, la presa
di coscienza nazionale di un’identità che non può essere più quella
indigena americana, ma che non è nemmeno quella europea o africana.
Nell’impossibilità di esistenza autonoma dell’indio, nella tragica
irriducibilità della sua differenza, si può leggere la stessa difficoltà
del Brasile, nel passato e nel presente, a riconoscere la sua specificità
e il suo ruolo nella storia. |
Brasile 1988, foto Claudio Maccherani
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Si
cercherà qui di seguire il formarsi di un mito che riassume in sé tutto
il tragico e il magico di una nazione che deve risolvere le sue molte
contraddizioni. Mentre gli scrittori brasiliani, a partire dal
Romanticismo, elevano l’indio a simbolo e immagine di sé, il paese non
fa abbastanza per impedire lo sterminio, dolorosamente reale, delle
popolazioni indigene. L’indio è un tema difficile per il Brasile, e non
solo per il Brasile. Individuare alcune delle tante contraddizioni nella
sua raffigurazione è l’obiettivo di questo libro costituito da
differenti saggi che hanno come legame questioni attuali, soprattutto dopo
i fuochi commemorativi dei cinquecento anni della storia brasiliana che
hanno rimesso l’indio al centro della riflessione nazionale.
Il
testo si apre con una essenziale caratterizzazione antropologica delle
varie popolazioni con le quali in America sono entrati in contatto i
portoghesi. Si passa quindi alla rielaborazione delle immagini che
quest’incontro/scontro ha generato, sia in Brasile sia in Europa. Si è
cercato di delineare, in un momento importante come quello della
fondazione della nazionalità, il Romanticismo, alcune delle
contraddizioni insite nel processo di assimilazione della cultura indigena
a quella nazionale. Il Modernismo è un’altra faccia di questa
riflessione, il rovesciamento dei suoi presupposti, la ricerca di un modo
nuovo di rileggere la storia brasiliana, non più dall’esterno, cioè da
modelli e teorie assimilate acriticamente, ma da dentro uno spazio che gli
scrittori finalmente interiorizzano.
Era
necessario anche rivisitare alcuni dei testi che hanno condizionato, nel
bene e nel male, l’elaborazione spesso stereotipata della figura
dell’indio, soprattutto della donna indigena, raffigurazione che
continua a segnare l’immagine interna ed esterna del paese. Si è
privilegiato, con una rilettura critica, l’opuscolo Mundus
novus, attribuito ad Amerigo Vespucci, testo che ancora oggi suscita
tante polemiche fra gli studiosi. L’ultima parte è dedicata alla
presentazione di alcuni brani di due cronache cinquecentesche che colgono
in primis la figura dell’indio in un mondo ancora intatto, nel denso di
una diversità così manifesta che non è stato possibile assimilarla ai
nostri modelli culturali, allora come oggi, fatto tragicamente segnalato
da Darcy Ribeiro:
“le
culture indigene, che possono sopravvivere autonome solamente nelle aree
inesplorate o di recente e scarsa penetrazione o nelle condizioni
artificiali dell’intervenzionismo protezionista, costituiscono
persistenze destinate a perdere l’identità nella misura in cui la
società nazionale cresce e guadagna omogeneità di sviluppo”[2].
Darcy
Ribeiro, l’antropologo brasiliano che si è tanto battuto per la difesa
degli indios, individua con sofferenza e partecipazione tale fenomeno.
Possiamo constatare che le popolazioni autoctone sono sempre più
marginali, sia che rimangano isolate in foreste divenute zone franche per
cercatori d’oro e di altre ricchezze, sia che provino ad integrarsi
nelle città, aumentando il numero degli emarginati nelle favelas e nelle
periferie anonime in cui si perde e si disperde la loro identità. Il
nostro è un piccolo contributo alla riflessione sul tema. Per non
dimenticare. Per partecipare al dibatitto in un momento in cui il Brasile
sembra richiamare l’attenzione del mondo per come cerca di affrontare e
risolvere alcune delle sue questioni cruciali.
Vera
Lúcia de Oliveira
[1]
Alcuni dei saggi ora pubblicati sono usciti proprio in occasione dei
cinquecento anni del Brasile, nella rivista Palaver
– Numero speciale 10 anni, Lecce, Università degli Studi di Lecce,
2000, pp. 22-99.
[2]
D. RIBEIRO, Os
índios e a civilização, Rio de Janeiro, Vozes, 1977, p. 445. |
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Utopia
selvaggia
L'indio
del Brasile: innocente Adamo o feroce cannibale?
Vera
Lúcia de Oliveira, Gaffi Editore, Roma, 2006
Utopia Selvaggia
(2.3 MB) |
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(by
Claudio Maccherani )
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