Poesia & Poesia
Poesia bilingue - italiano e portoghese brasiliano.
Vera Lúcia de Oliveira (Maccherani)
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PENNA 6 VOLTE

Penna 6 volte

 

poesie di

Sandro Penna

tradotte in

Francese

Inglese

Portoghese

Spagnolo

Tedesco

 

a cura di

Luciano Bonanni

 

Edizioni Era Nuova

Perugia, 2006

ISBN 88-89233-56-7

13 X 19, 108 pag., 10,00 €

 
"Penna 6 volte"- poesie di Sandro Penna  in 6 lingue
a cura di Luciano Bonanni, 2006 

 poesie di Sandro Penna

tradotte in

 

Francese (Jaqueline Bergonzy)

Inglese (Anna Scatigno)

Portoghese (Vera Lúcia de Oliveira)

Spagnolo (Ancilla Maria Antonini)

Tedesco (Martina Radig)

  

  Introduzione

di Carlo Guerrini

  

 con una nota

di Diego Valeri

e di Elio Pecora

 

Disegni di copertina

di Vittoria Bartolucci

 

Con il patrocinio di

 Comune e Provincia di Perugia

L'Istituto Tecnico Commerciale "Vittorio Emanuele II" di Perugia rende omaggio  all'ex-allievo Sandro Penna nel centenario della nascita (1906-2006)

"Ainda lembro" - Marisa Monte

 

ITALIANO

io vivere vorrei addormentato

entro il dolce rumore della vita

FRANCESE

moi je voudrais vivre endormi

dans le doux bruit de la vie

INGLESE

 

 

PORTOGHESE

viver eu queria adormecido

dentro do doce rumor da vida

SPAGNOLO

yo quisiera vivir adormecido

en el dulce ruido de la vida

TEDESCO

im süssen lärm des lebens

möchte ich schlafend leben

PENNA NEL MONDO

Em português, por favor, a cura di Vera Lúcia de Oliveira

 

Amore, gioventù, liete parole,

cosa splende su voi e vi dissecca?

Resta un odore come merda secca

lungo le siepe cariche di sole.

 

Amor, juventude, palavras ledas,

o que em vós reluz e vos resseca?

Resta um odor como de merda seca

ao longo das sebes de sol repletas.

 

Il mare è tutto azzurro.

Il mare è tutto calmo.

Nel cuore è quasi un urlo

di gioia. E tutto è calmo.

 

O mar é todo azul.

O mar é todo calmo.

No peito é quase um grito

alegre. E tudo é calmo.

 

Scuola

 

Negli azzurri mattini

le file svelte e nere 

dei collegiali. Chini 

su libri poi. Bandiere

di nostalgia campestre

gli alberi alle finestre.

 

Escola

 

Nas manhãs azuis

velozes e pretas fileiras

de alunos. Curvados

nos livros depois. Bandeiras

de nostalgia campestre

as árvores nas janelas.

 

Io vivere vorrei addormentato

entro il dolce rumore della vita.

 

Viver eu queria adormecido

dentro do doce rumor da vida.

 

Laggiù, dove una storia

personale nel sole,

mi parve un superiore

giuoco di dadi…

oggi una vacca senza storia annusa

la terra nera un po’ fumante, chiusa

tra i filamenti della pioggia, radi

ma certi fili della memoria. 

 

Lá embaixo, onde uma história

pessoal ao sol,

pareceu-me um superior

jogo de dados...

hoje uma vaca sem história cheira

a terra escura ainda fumegante, presa

entre os filamentos da chuva, ralos

mas claros fios da memória.

 

Felice chi è diverso

essendo egli diverso.

Ma guai a chi è diverso

essendo egli comune.

 

Feliz de quem é invertido1

sendo ele também divertido.

Mas ai de quem é invertido

sendo uma pessoa comum.

 

Il viaggiatore insonne

se il treno si è fermato

un attimo in attesa

di riprendere il fiato

ha sentito il sospiro

di quel buio paese

in un accordo breve…

 

O viajante insone

se o trem se deteve

um momento à espera

de retomar o fôlego

escutou o suspiro

do escuro povoado

em um acordo breve...

 

La vita… è ricordarsi di un risveglio

triste in un treno all’alba: aver veduto

fuori la luce incerta: aver sentito

nel corpo rotto la malinconia

vergine e aspra dell’aria pungente.

 

Ma ricordarsi la liberazione

improvvisa è più dolce: a me vicino

un marinaio giovane: l’azzurro

e il bianco della sua divisa, e fuori 

un mare tutto fresco di colore

 

A vida… é lembrar-se de um despertar

triste em um trem ao alvorecer: ter visto

fora a luz incerta: ter sentido

no corpo alquebrado a melancolia

virgem e áspera do ar pungente.

 

Mas lembrar-se da libertação

repentina é mais doce: junto de mim

um marinheiro jovem: o azul

e o branco do seu uniforme, e fora

um inteiro mar fresco de cores.

 

 La leggerezza del denso nella poesia di Sandro Penna

 

Sandro Penna è un poeta controverso, incondizionatamente amato da alcuni, avversato da altri, ripudiato come una specie di pustola di cui la poesia italiana si vergogna, così come di lui a lungo si è vergognata la sua città natia, Perugia, dove solo di recente gli hanno intitolato una strada, sebbene nascosta e periferica. Sullo scandalo di alcune sue scelte di vita e sul miracolo della sua poesia, parla lo studioso Cesare Garboli, critico che si è a lungo soffermato sulla sua opera:

 

Secondo Pasolini, Penna è stato il poeta italiano più grande e più lieto di tutto il Novecento. Può anche darsi, ma che importanza hanno le gerarchie? Quel che è certo è che Penna era la poesia stessa, la quale, nella sua infinita imprevedibilità, aveva deciso, un giorno di nascondersi in quel grigio e saturnino pederasta di vecchio stampo, indolente, noioso, lamentoso, privo d’interessi culturali, ignaro di qualunque ideale, e logorroico come tutti gli omosessuali.2

 

 Eppure questo è il miracolo della poesia che, secondo Croce, è una forma di conoscenza intuitiva, indipendente dalla ragione concettuale, dall’economia e dall’etica. Penna ha incarnato al massimo livello questa forma di conoscenza ed è, sempre secondo Garboli, uno dei poeti del Novecento italiano che ha rappresentato con più precisione l’Italia durante e dopo il fascismo, “un paese stranamente giulivo e insieme infelice e depresso” 3, descrivendolo nei dettagli, dalle strade luminose e impolverate delle periferie di medie e grandi città come Perugia e Roma, ai cinema di terz’ordine dove spesso trascorreva le sue serate, ai quartieri popolari e alle sale d’attesa delle stazioni anonime dove incontrava un’umanità dimessa e disadorna che per lui costituiva, molte volte, le uniche e fortuite occasioni di gioia:

  

Mi perdo nel quartiere popolare

tanto animato se la sera è prossima.

Sono fra gli uomini da me così

lontani: agli occhi miei meravigliosi

uomini: vivi e chiari, non valori

segnati. E tutti uguali e ignoti e nuovi.

 

In un angolo buio prendo il posto

che mi ha lasciato un operaio accorso

(appena in tempo) all’autobus fuggente.

Io non gli ho visto il viso ma i suoi modi

svelti ho nel cuore adesso. E mi rimane

(li lui anonimo, a me dalla vita

preso) in quell’angolo buio un suo onesto

odore di animale, come il mio.4

 

In poesia, Penna è un innovatore, il suo linguaggio “piccolo-borghese”, come è stato definito5, chiaro e concreto, corrode il linguaggio alto e aulico della tradizione poetica italiana, da Petrarca in poi. Provoca spesso corto-circuiti fra vocaboli e espressioni presi da questa tradizione che lui ben conosceva e termini popolari, talvolta volgari e scurrili, ricostruendo, nel suo linguaggio poetico, il proprio modello di vita in cui cose e realtà alte e sublimi sono mescolate ad altre rozze e ordinarie. Elimina la disgiunzione fra alto e basso, fra centro e periferia, fra primario e marginale in nome del prodigio del breve momento di felicità vissuto, cercato con ogni mezzo e rappresentato nelle parole di una luminosità e di un nitore che non si conoscevano prima nella poesia italiana. Pietra di scandalo, è indifferente all’idealismo che ha guidato da sempre i grandi poeti e, in qualche modo, nella sua indifferenza e apatia, deride l’idea della poesia vista come un linguaggio di elevazione etica e morale dell’essere. È questo forse il suo modo di rifiutare concetti, modelli e ideali basati su una trascendenza che discrimina tanta parte di umanità, su una famiglia che opprime chi non si adegua alle sue rigide norme, su una elite culturale che ignora la società e i suoi problemi di ogni giorno.

In questo senso, si può dire che Penna ha costruito una poesia e inventato un linguaggio poetico estremamente coerente con le sue scelte di vita, con la sua sincerità scandalosa, con il suo mettere dinnanzi agli occhi della società del tempo, e ai nostri, le falsità e la doppia morale che guida tanti comportamenti individuali e collettivi. E questo i suoi contemporanei non hanno sopportato, non la nobile e austera Perugia in cui era nato e cresciuto, con le sue belle vestigia etrusche e la sua monumentalità medioevale, non la Roma bene degli intellettuali e artisti che avevano un progetto etico, oltre che estetico, per quell’Italia che cambiava troppo in fretta e senza criterio. Come accettare, d’altronde, che la poesia possa nascere ovunque, nel vate che instaura un dialogo sacro con la divinità ma anche in colui che il dialogo lo cerca con le figure patetiche e fugaci di ragazzi acerbi tutti intenti nella loro strategia si sopravvivenza, come il “piccolo Vittorio”, in cui sembra rispecchiarsi Penna:

 

Il piccolo Vittorio è un innocente.

Ruba per ogni via, ma il suo sorriso

pare che dica: non ho fatto niente.

Non per bugia, ché non è bugia

la limpida espressione in un bel viso

di quello che nel mondo è detto il male

la limpida espressione naturale.6

 

Per Penna la poesia è sempre epifania, rivelazione di un momento di luce, breve e intenso, di una felicità di cui gli uomini hanno nostalgia, per avere la quale spendono tutta la vita nell’infelicità della sua ricerca. Lui non cantava il dolore del volere, dell’ambire o agognare beni e persone per l’eternità, ma l’attimo felice, breve e tragico del poco di luce che possiamo avere, l’incontro di due corpi, l’istante in cui si ha la sensazione di sentire l’universo e, forse, l’immanente e il trascendente contemporaneamente nell’altro che è con noi: “Forse la giovinezza è solo questo / perenne amare i sensi e non pentirsi” 7. C’è quindi una strana leggerezza e gioia, data anche dalle parole che lui usa, dalle strutture leggiadre che sceglie, dal verso corto adatto a cogliere le rivelazioni e le manifestazione fugaci del bello. Il suo linguaggio è quotidiano, terso, pulito e accessibile a tutti.

Nel saggio “A tradução de Manuel Bandeira em italiano” 8, riflettendo sui problemi connessi alla possibilità di resa in italiano della poesia di questo grande lirico brasiliano, avevo affermato che per riprodurre il lirismo intimo, sommesso e anti-retorico di Bandeira un buon traduttore dovrebbe ispirarsi alla poesia di Giorgio Caproni, che aveva cercato un rapporto più naturale e quotidiano con la lingua italiana:

 

 Per tramutare, per ricreare in italiano la singolarità e la magia del lirismo di Bandeira bisognerebbe far propria la lezione di Caproni e della sua poesia “viva e vera” che pesca nel repertorio orale molte delle sue locuzioni, che invita il lettore ad accompagnare il poeta in questo viaggio di ricomposizione, di  risemantizzazione della lingua impoverita e banalizzata. Questo ha fatto Bandeira in portoghese e questo suggerisce il poeta livornese in italiano9.

 

 Invertendo il processo, mi chiedo ora se sia possibile tradurre in portoghese un poeta come Sandro Penna, che, come Caproni, produce una frattura nel proprio sistema letterario alla ricerca di un linguaggio meno convenzionale, più duttile e flessibile, capace di colmare il divario fra registri diversi. Penna si riallaccia, non so quanto consapevolmente, a certi aspetti della poesia neodialettale italiana, che come segnala Franco Brevini, a proposito della poesia di Loi e di Scataglini, si propone di rispondere al bisogno “di una lingua capace di colmare la secolare frattura apertasi tra parlato e scritto, quotidiano e letterario”10.

Per quanto riguarda Penna, forse la difficoltà maggiore di tradurlo in portoghese sta proprio nella sintesi e nella densità della sua poesia che, così come per Giuseppe Ungaretti o per lo stesso Caproni, con poche parole è capace di suggerire concetti e immagini di straordinaria complessità. Ne è esempio il distico di endecasillabi che segue, uno dei più noti di Sandro Penna, che richiede al traduttore la stessa capacità di sintesi e lo stesso sortilegio ritmico dell’originale:

 

Io vivere vorrei addormentato

entro il dolce rumore della vita 11

(Viver eu queria adormecido 

dentro do doce rumor da vida.) 12

 

 L’altra difficoltà è data dall’amalgama di alto e basso, di quotidiano e letterario, come si è detto. Nella poesia brasiliana, dopo la rivoluzione modernista del ‘22, le due sponde si sono fatte più larghe e i poeti si posizionano ora su una ora sull’altra, spesso in contrapposizione polemica fra loro. Così la generazione del ’45 si è opposta a quella modernista del verso libero e delle parole in libertà, con il recupero dei metri e della misura neo-parnassiana. Ancora oggi si ripropongono, fra le nuove generazioni, le stesse opposizioni binarie fra poeti che intendono recuperare il rapporto con le forme caratteristiche della tradizione poetica in portoghese e altri che prediligono il linguaggio quotidiano e il verso libero, l’unico capace – affermano – di rendere la complessità e la molteplicità della realtà contemporanea. Ebbene, Sandro Penna unisce i due estremi di questo polemico dialogo generazionale ed è forse proprio questa sua caratteristica a rendere ardua la sua traduzione.

Prendiamo la poesia Amore, gioventù, liete parole, presente in Croce e delizia [1927-1957]. È una delle sue più conosciute e citate quartine rimate, un tipo di componimento non molto usuale in italiano, ma che Penna prediligeva e che, in portoghese, rimanda ad una lunga tradizione popolare, sia in Portogallo che in Brasile, sebbene i versi più utilizzati in tali componimenti siano la redondilha maior e la redondilha menor, ossia il settenario e il quinario:   

  

cosa splende su voi e vi dissecca?

Resta un odore come merda secca

lungo le siepe cariche di sole 13

 

In una traduzione attenta all’unità ritmica e allo schema metrico usato, proponiamo il testo che segue, in cui tuttavia l’aulico “ledas” fa a pugni con l’espressione scurrile “merda seca”: 

  

o que reluz em vós e vos resseca?

Resta um odor como de merda seca 

ao longo das sebes de  sol repletas.

  

Questa ipotesi di traduzione pare inadeguata, o quanto meno suona strana, anche perché il pronome ”vós” ormai è in disuso nel portoghese moderno e bisognerebbe avere il coraggio di cambiare totalmente il testo scegliendo il più colloquiale “vocês”, usato tanto in Portogallo come in Brasile. Ho provato anche a sostituire, nell’ultimo verso, “sebes de sol repletas” con “sebes repletas de sol”, cercando con questa inversione un linguaggio più usuale. Il testo tradotto guadagna in leggerezza e spontaneità, come è nell’originale, ma perde in armonia e musicalità:

 

Amor, juventude, palavras alegres,

o que em vocês reluz e  resseca?

Resta um odor como de merda seca

ao longo das sebes repletas de sol.

 

 Il ritmo del secondo verso è più corto degli altri ed elimina l’enfasi posta sul pronome di seconda persona plurale ripetuto in modo quasi identico, il che evidenza l’importanza della forma dialogata del componimento. Il poeta, in effetti, interpella direttamente, personificandoli, ”amore” e “gioventù”. Tuttavia, al contrario di come ci si potrebbe attendere per quanto riguarda l’uso di questa figura retorica classica, le astrazioni personificate non hanno, nel testo, accesso alla parola, anzi, il loro silenzio e la mancanza di risposta al quesito posto sono evidenziati dal contrasto con le prosaiche realtà intensamente percepite dai sensi: gli odori e i colori che esplodono al sole e che dissacrano l’aura dotta del primo distico. Forse il poeta vuole indicare la necessità di stabilire un nuovo rapporto con il reale, che non passi solo attraverso la letteratura e il suo linguaggio consolidato e solidificato nei secoli.

L’alternativa sarebbe quella di armonizzare le due modalità di registro, cercando di limitare il più possibile le “perdite”. Se pensiamo che Penna cercava, in questa mescolanza di stili, proprio la collisione, rigenerante per il linguaggio, fra registri diversi, la prima versione qui proposta è, pur con le sue limitazioni, forse quella che più si avvicina alle intenzioni del poeta:

 

 o que reluz em vós e vos resseca?

Resta um odor como de merda seca 

ao longo das sebes de sol repletas.

 

 Vorrei concludere questa breve nota sulla poesia di Penna e sulle difficoltà di renderla in portoghese citando Manuel Bandiera, che oltre ad essere stato uno dei massimi poeti brasiliani fu anche bravo traduttore: “traduco bene solo le poesie che avrei voluto scrivere io, cioè quelle che esprimono cose che erano già in me, ma non formulate. Le mie ‘trovate’, nelle traduzioni come negli originali, risultano sempre intuitive” 14. Come Bandeira, mi sono lasciata guidare dall’amore per la poesia di Sandro Penna, per il miracolo da lui compiuto di riuscire a concentrare, in fragili e delicate strutture, leggerezza e densità, consapevole però che l’equivalenza assoluta fra due lingue diverse è irraggiungibile, visto che ognuna ha strutture e norme proprie.

 

Vera Lúcia de Oliveira, maggio 2006

Da "Penna 6 Volte", Edizioni Era Nuova, Perugia, 2006

 

Note

(1) Poiché la parola “diverso” in portoghese non ha anche, come in italiano, l’accezione di “omosessuale”, è stato necessario cambiare totalmente la poesia in portoghese. Ho cercato di ricreare il gioco semantico e ritmico del poeta con i termini “invertido” e “divertido”, ma è chiaro che il testo risulta così diverso dall’originale. 

(2) Cesare Garboli, “Sandro Penna, il poeta che chiacchierava con gli animali e con gli dei”, in La Repubblica, Roma, 30 gennaio 202, p. 41.

(3) Ibidem.

(4) Sandro Penna, Poesie, Milano, Garzanti, 1973, p. 265. 

(5) Cfr. Cesare Garboli, “Prefazione”, in Sandro Penna, Poesie, op. cit., pp. VII-XIII (X).

(6) Sandro Penna, op. cit., p. 267.

(7) Ivi, p. 239.

(8) Vera Lúcia de Oliveira, “A tradução de Manuel Bandeira em italiano”, in Revista Brasileira, Rio de Janeiro, Academia Brasileira de Letras, ano IX, n. 34, janeiro-março 2003, pp. 103-123.

(9) Ivi, p. 121.

(10) Franco Brevini, “Introduzione”, in Franco Scataglini, Rimario Agontano (1969-1986), Milano, Scheiwiller, 1987, pp. 9-21 (10).

(11) Sandro Penna, Poesie, op. cit., p. 59.

(12) Trad. mia.

(13) Sandro Penna, Poesie, op. cit., p. 263.

(14) Manuel Bandeira, Itinerário de Pasárgada, Rio de Janeiro, Nova Fronteira/Instituto Nacional do Livro, 1984, 3 ed., p. 120.

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