L'Istituto
Tecnico Commerciale "Vittorio Emanuele II" di Perugia rende
omaggio all'ex-allievo Sandro Penna nel centenario della nascita
(1906-2006)
"Ainda lembro" - Marisa Monte
ITALIANO
io
vivere vorrei addormentato
entro
il dolce rumore della vita
FRANCESE
moi
je voudrais vivre endormi
dans
le doux bruit de la vie
INGLESE
PORTOGHESE
viver
eu queria adormecido
dentro
do doce rumor da vida
SPAGNOLO
yo
quisiera vivir adormecido
en
el dulce ruido de la vida
TEDESCO
im
süssen lärm des lebens
möchte
ich schlafend leben
PENNA
NEL MONDO
Em
português, por favor,
a cura di Vera
Lúcia de Oliveira
Amore,
gioventù, liete parole,
cosa
splende su voi e vi dissecca?
Resta
un odore come merda secca
lungo
le siepe cariche di sole.
Amor,
juventude, palavras ledas,
o
que em vós reluz e vos resseca?
Resta
um odor como de merda seca
ao
longo das sebes de sol repletas.
Il
mare è tutto azzurro.
Il
mare è tutto calmo.
Nel
cuore è quasi un urlo
di
gioia. E tutto è calmo.
O
mar é todo azul.
O
mar é todo calmo.
No
peito é quase um grito
alegre.
E tudo é calmo.
Scuola
Negli
azzurri mattini
le
file svelte e nere
dei
collegiali. Chini
su
libri poi. Bandiere
di
nostalgia campestre
gli
alberi alle finestre.
Escola
Nas
manhãs azuis
velozes
e pretas fileiras
de
alunos. Curvados
nos
livros depois. Bandeiras
de
nostalgia campestre
as
árvores nas janelas.
Io
vivere vorrei addormentato
entro
il dolce rumore della vita.
Viver
eu queria adormecido
dentro
do doce rumor da vida.
Laggiù,
dove una storia
personale
nel sole,
mi
parve un superiore
giuoco
di dadi…
oggi
una vacca senza storia annusa
la
terra nera un po’ fumante, chiusa
tra
i filamenti della pioggia, radi
ma
certi fili della memoria.
Lá
embaixo, onde uma história
pessoal
ao sol,
pareceu-me
um superior
jogo
de dados...
hoje
uma vaca sem história cheira
a
terra escura ainda fumegante, presa
entre
os filamentos da chuva, ralos
mas
claros fios da memória.
Felice
chi è diverso
essendo
egli diverso.
Ma
guai a chi è diverso
essendo
egli comune.
Feliz
de quem é invertido1
sendo
ele também divertido.
Mas
ai de quem é invertido
sendo
uma pessoa comum.
Il
viaggiatore insonne
se
il treno si è fermato
un
attimo in attesa
di
riprendere il fiato
ha
sentito il sospiro
di
quel buio paese
in
un accordo breve…
O
viajante insone
se
o trem se deteve
um
momento à espera
de
retomar o fôlego
escutou
o suspiro
do
escuro povoado
em
um acordo breve...
La
vita… è ricordarsi di un risveglio
triste
in un treno all’alba: aver veduto
fuori
la luce incerta: aver sentito
nel
corpo rotto la malinconia
vergine
e aspra dell’aria pungente.
Ma
ricordarsi la liberazione
improvvisa
è più dolce: a me vicino
un
marinaio giovane: l’azzurro
e
il bianco della sua divisa, e fuori
un
mare tutto fresco di colore
A
vida… é lembrar-se de um despertar
triste
em um trem ao alvorecer: ter visto
fora
a luz incerta: ter sentido
no
corpo alquebrado a melancolia
virgem
e áspera do ar pungente.
Mas
lembrar-se da libertação
repentina
é mais doce: junto de mim
um
marinheiro jovem: o azul
e
o branco do seu uniforme, e fora
um
inteiro mar fresco de cores.
La
leggerezza del denso nella poesia di Sandro Penna
Sandro
Penna è un poeta controverso, incondizionatamente amato da alcuni,
avversato da altri, ripudiato come una specie di pustola di cui la poesia
italiana si vergogna, così come di lui a lungo si è vergognata la sua
città natia, Perugia, dove solo di recente gli hanno intitolato una
strada, sebbene nascosta e periferica. Sullo scandalo di alcune sue scelte
di vita e sul miracolo della sua poesia, parla lo studioso Cesare Garboli,
critico che si è a lungo soffermato sulla sua opera:
Secondo
Pasolini, Penna è stato il poeta italiano più grande e più lieto di
tutto il Novecento. Può anche darsi, ma che importanza hanno le
gerarchie? Quel che è certo è che Penna era la poesia stessa, la quale,
nella sua infinita imprevedibilità, aveva deciso, un giorno di
nascondersi in quel grigio e saturnino pederasta di vecchio stampo,
indolente, noioso, lamentoso, privo d’interessi culturali, ignaro di
qualunque ideale, e logorroico come tutti gli omosessuali.2
Eppure
questo è il miracolo della poesia che, secondo Croce, è una forma di
conoscenza intuitiva, indipendente dalla ragione concettuale, dall’economia e
dall’etica. Penna ha incarnato al massimo livello questa forma di conoscenza
ed è, sempre secondo Garboli, uno dei poeti del Novecento italiano che ha
rappresentato con più precisione l’Italia durante e dopo il fascismo, “un
paese stranamente giulivo e insieme infelice e depresso” 3,
descrivendolo nei dettagli, dalle strade luminose e impolverate delle periferie
di medie e grandi città come Perugia e Roma, ai cinema di terz’ordine dove
spesso trascorreva le sue serate, ai quartieri popolari e alle sale d’attesa
delle stazioni anonime dove incontrava un’umanità dimessa e disadorna che per
lui costituiva, molte volte, le uniche e fortuite occasioni di gioia:
Mi
perdo nel quartiere popolare
tanto
animato se la sera è prossima.
Sono
fra gli uomini da me così
lontani:
agli occhi miei meravigliosi
uomini:
vivi e chiari, non valori
segnati.
E tutti uguali e ignoti e nuovi.
In
un angolo buio prendo il posto
che
mi ha lasciato un operaio accorso
(appena
in tempo) all’autobus fuggente.
Io
non gli ho visto il viso ma i suoi modi
svelti
ho nel cuore adesso. E mi rimane
(li
lui anonimo, a me dalla vita
preso)
in quell’angolo buio un suo onesto
odore
di animale, come il mio.4
In
poesia, Penna è un innovatore, il suo linguaggio “piccolo-borghese”, come
è stato definito5, chiaro e concreto, corrode il linguaggio alto e
aulico della tradizione poetica italiana, da Petrarca in poi. Provoca spesso
corto-circuiti fra vocaboli e espressioni presi da questa tradizione che lui ben
conosceva e termini popolari, talvolta volgari e scurrili, ricostruendo, nel suo
linguaggio poetico, il proprio modello di vita in cui cose e realtà alte e
sublimi sono mescolate ad altre rozze e ordinarie. Elimina la disgiunzione fra
alto e basso, fra centro e periferia, fra primario e marginale in nome del
prodigio del breve momento di felicità vissuto, cercato con ogni mezzo e
rappresentato nelle parole di una luminosità e di un nitore che non si
conoscevano prima nella poesia italiana. Pietra di scandalo, è indifferente
all’idealismo che ha guidato da sempre i grandi poeti e, in qualche modo,
nella sua indifferenza e apatia, deride l’idea della poesia vista come un
linguaggio di elevazione etica e morale dell’essere. È questo forse il suo
modo di rifiutare concetti, modelli e ideali basati su una trascendenza che
discrimina tanta parte di umanità, su una famiglia che opprime chi non si
adegua alle sue rigide norme, su una elite culturale che ignora la società e i
suoi problemi di ogni giorno.
In
questo senso, si può dire che Penna ha costruito una poesia e inventato
un linguaggio poetico estremamente coerente con le sue scelte di vita, con
la sua sincerità scandalosa, con il suo mettere dinnanzi agli occhi della
società del tempo, e ai nostri, le falsità e la doppia morale che guida
tanti comportamenti individuali e collettivi. E questo i suoi
contemporanei non hanno sopportato, non la nobile e austera Perugia in cui
era nato e cresciuto, con le sue belle vestigia etrusche e la sua
monumentalità medioevale, non la Roma bene degli intellettuali e artisti
che avevano un progetto etico, oltre che estetico, per quell’Italia che
cambiava troppo in fretta e senza criterio. Come accettare, d’altronde,
che la poesia possa nascere ovunque, nel vate che instaura un dialogo
sacro con la divinità ma anche in colui che il dialogo lo cerca con le
figure patetiche e fugaci di ragazzi acerbi tutti intenti nella loro
strategia si sopravvivenza, come il “piccolo Vittorio”, in cui sembra
rispecchiarsi Penna:
Il
piccolo Vittorio è un innocente.
Ruba
per ogni via, ma il suo sorriso
pare
che dica: non ho fatto niente.
Non
per bugia, ché non è bugia
la
limpida espressione in un bel viso
di
quello che nel mondo è detto il male
la
limpida espressione naturale.6
Per
Penna la poesia è sempre epifania, rivelazione di un momento di luce,
breve e intenso, di una felicità di cui gli uomini hanno nostalgia, per
avere la quale spendono tutta la vita nell’infelicità della sua
ricerca. Lui non cantava il dolore del volere, dell’ambire o agognare
beni e persone per l’eternità, ma l’attimo felice, breve e tragico
del poco di luce che possiamo avere, l’incontro di due corpi,
l’istante in cui si ha la sensazione di sentire l’universo e, forse,
l’immanente e il trascendente contemporaneamente nell’altro che è con
noi: “Forse la giovinezza è solo questo / perenne amare i sensi e non
pentirsi” 7. C’è
quindi una strana leggerezza e gioia, data anche dalle parole che lui usa,
dalle strutture leggiadre che sceglie, dal verso corto adatto a cogliere
le rivelazioni e le manifestazione fugaci del bello. Il suo linguaggio è
quotidiano, terso, pulito e accessibile a tutti.
Nel
saggio “A tradução de Manuel Bandeira em italiano” 8,
riflettendo sui problemi connessi alla possibilità di resa in italiano
della poesia di questo grande lirico brasiliano, avevo affermato che per
riprodurre il lirismo intimo, sommesso e anti-retorico di Bandeira un buon
traduttore dovrebbe ispirarsi alla poesia di Giorgio Caproni, che aveva
cercato un rapporto più naturale e quotidiano con la lingua italiana:
Per
tramutare, per ricreare in italiano la singolarità e la magia del lirismo di
Bandeira bisognerebbe far propria la lezione di Caproni e della sua poesia
“viva e vera” che pesca nel repertorio orale molte delle sue locuzioni, che
invita il lettore ad accompagnare il poeta in questo viaggio di ricomposizione,
di risemantizzazione della lingua impoverita e banalizzata. Questo ha
fatto Bandeira in portoghese e questo suggerisce il poeta livornese in italiano9.
Invertendo
il processo, mi chiedo ora se sia possibile tradurre in portoghese un poeta come
Sandro Penna, che, come Caproni, produce una frattura nel proprio sistema
letterario alla ricerca di un linguaggio meno convenzionale, più duttile e
flessibile, capace di colmare il divario fra registri diversi. Penna si
riallaccia, non so quanto consapevolmente, a certi aspetti della poesia
neodialettale italiana, che come segnala Franco Brevini, a proposito della
poesia di Loi e di Scataglini, si propone di rispondere al bisogno “di una
lingua capace di colmare la secolare frattura apertasi tra parlato e scritto,
quotidiano e letterario”10.
Per
quanto riguarda Penna, forse la difficoltà maggiore di tradurlo in portoghese
sta proprio nella sintesi e nella densità della sua poesia che, così come per
Giuseppe Ungaretti o per lo stesso Caproni, con poche parole è capace di
suggerire concetti e immagini di straordinaria complessità. Ne è esempio il
distico di endecasillabi che segue, uno dei più noti di Sandro Penna, che
richiede al traduttore la stessa capacità di sintesi e lo stesso sortilegio
ritmico dell’originale:
Io
vivere vorrei addormentato
entro
il dolce rumore della vita 11
(Viver
eu queria adormecido
dentro
do doce rumor da vida.) 12
L’altra
difficoltà è data dall’amalgama di alto e basso, di quotidiano e
letterario, come si è detto. Nella poesia brasiliana, dopo la rivoluzione
modernista del ‘22, le due sponde si sono fatte più larghe e i poeti si
posizionano ora su una ora sull’altra, spesso in contrapposizione
polemica fra loro. Così la generazione del ’45 si è opposta a quella
modernista del verso libero e delle parole in libertà, con il recupero
dei metri e della misura neo-parnassiana. Ancora oggi si ripropongono, fra
le nuove generazioni, le stesse opposizioni binarie fra poeti che
intendono recuperare il rapporto con le forme caratteristiche della
tradizione poetica in portoghese e altri che prediligono il linguaggio
quotidiano e
il verso libero, l’unico capace – affermano – di rendere la
complessità e la molteplicità della realtà contemporanea. Ebbene,
Sandro Penna unisce i due estremi di questo polemico dialogo generazionale
ed è forse proprio questa sua caratteristica a rendere ardua la sua
traduzione.
Prendiamo
la poesia Amore, gioventù, liete parole, presente in Croce e
delizia [1927-1957].
È una delle sue più conosciute e citate quartine rimate, un tipo di
componimento non molto usuale in italiano, ma che Penna prediligeva e che,
in portoghese, rimanda ad una lunga tradizione popolare, sia in Portogallo
che in Brasile, sebbene i versi più utilizzati in tali componimenti siano
la redondilha maior e la redondilha menor, ossia il
settenario e il quinario:
cosa
splende su voi e vi dissecca?
Resta
un odore come merda secca
lungo
le siepe cariche di sole 13
In
una traduzione attenta all’unità ritmica e allo schema metrico usato,
proponiamo il testo che segue, in cui tuttavia l’aulico “ledas”
fa a pugni con l’espressione scurrile “merda
seca”:
o
que reluz em vós e vos resseca?
Resta
um odor como de merda seca
ao
longo das sebes de sol repletas.
Questa
ipotesi di traduzione pare inadeguata, o quanto meno suona strana, anche
perché il pronome ”vós”
ormai è in disuso nel portoghese moderno e bisognerebbe avere il coraggio
di cambiare totalmente il testo scegliendo il più colloquiale “vocês”,
usato tanto in Portogallo come in Brasile. Ho provato anche a sostituire,
nell’ultimo verso, “sebes de sol
repletas” con “sebes
repletas de sol”, cercando con questa inversione un linguaggio più
usuale. Il testo tradotto guadagna in leggerezza e spontaneità, come è
nell’originale, ma perde in armonia e musicalità:
Amor,
juventude, palavras alegres,
o
que em vocês reluz e resseca?
Resta
um odor como de merda seca
ao
longo das sebes repletas de sol.
Il
ritmo del secondo verso è più corto degli altri ed elimina l’enfasi posta
sul pronome di seconda persona plurale ripetuto in modo quasi identico, il che
evidenza l’importanza della forma dialogata del componimento. Il poeta, in
effetti, interpella direttamente, personificandoli, ”amore” e “gioventù”.
Tuttavia, al contrario di come ci si potrebbe attendere per quanto riguarda
l’uso di questa figura retorica classica, le astrazioni personificate non
hanno, nel testo, accesso alla parola, anzi, il loro silenzio e la mancanza di
risposta al quesito posto sono evidenziati dal contrasto con le prosaiche realtà
intensamente percepite dai sensi: gli odori e i colori che esplodono al sole e
che dissacrano l’aura dotta del primo distico. Forse il poeta vuole indicare
la necessità di stabilire un nuovo rapporto con il reale, che non passi solo
attraverso la letteratura e il suo linguaggio consolidato e solidificato nei
secoli.
L’alternativa
sarebbe quella di armonizzare le due modalità di registro, cercando di
limitare il più possibile le “perdite”. Se pensiamo che Penna
cercava, in questa mescolanza di stili, proprio la collisione, rigenerante
per il linguaggio, fra registri diversi, la prima versione qui proposta è,
pur con le sue limitazioni, forse quella che più si avvicina alle
intenzioni del poeta:
o
que reluz em vós e vos resseca?
Resta
um odor como de merda seca
ao
longo das sebes de sol repletas.
Vorrei
concludere questa breve nota sulla poesia di Penna e sulle difficoltà di
renderla in portoghese citando Manuel Bandiera, che oltre ad essere stato uno
dei massimi poeti brasiliani fu anche bravo traduttore: “traduco bene solo le
poesie che avrei voluto scrivere io, cioè quelle che esprimono cose che erano
già in me, ma non formulate. Le mie ‘trovate’, nelle traduzioni come negli
originali, risultano sempre intuitive” 14. Come Bandeira, mi sono
lasciata guidare dall’amore per la poesia di Sandro Penna, per il miracolo da
lui compiuto di riuscire a concentrare, in fragili e delicate strutture,
leggerezza e densità, consapevole però che l’equivalenza assoluta fra due
lingue diverse è irraggiungibile, visto che ognuna ha strutture e norme
proprie.
Vera
Lúcia deOliveira,
maggio 2006
Da
"Penna 6 Volte", Edizioni Era Nuova, Perugia, 2006
Note
(1)
Poiché la parola “diverso” in portoghese non ha anche, come in
italiano, l’accezione di “omosessuale”, è stato necessario
cambiare totalmente la poesia in portoghese. Ho cercato di ricreare
il gioco semantico e ritmico del poeta con i termini “invertido”
e “divertido”, ma è chiaro che il testo risulta così diverso
dall’originale.
(2)
Cesare Garboli, “Sandro Penna, il poeta che chiacchierava con gli
animali e con gli dei”, in La Repubblica, Roma, 30 gennaio 202, p.
41.
(3)
Ibidem.
(4)
Sandro Penna, Poesie, Milano, Garzanti, 1973, p. 265.
(5)
Cfr. Cesare Garboli, “Prefazione”, in Sandro Penna, Poesie, op.
cit., pp. VII-XIII (X).
(6)
Sandro Penna, op. cit., p. 267.
(7)
Ivi, p. 239.
(8)
Vera Lúcia de Oliveira, “A tradução de Manuel Bandeira em
italiano”, in Revista Brasileira, Rio de Janeiro, Academia
Brasileira de Letras, ano IX, n. 34, janeiro-março 2003, pp.
103-123.
(9)
Ivi, p. 121.
(10)
Franco Brevini, “Introduzione”, in Franco Scataglini, Rimario
Agontano (1969-1986), Milano, Scheiwiller, 1987, pp. 9-21 (10).
(11)
Sandro Penna, Poesie, op. cit., p. 59.
(12)
Trad. mia.
(13)
Sandro Penna, Poesie, op. cit., p. 263.
(14) Manuel
Bandeira, Itinerário de Pasárgada,
Rio de Janeiro, Nova Fronteira/Instituto Nacional do Livro, 1984, 3
ed., p. 120.