Poesia
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La scrittura è universale, le parole sono di tutti, la lingua è di ciascuno di noi. Certo è che esiste una sensibilità femminile, un modo diverso di usare il linguaggio, di piegarlo alle sensazioni, ai pensieri, alla percezione del mondo e dei problemi quotidiani nella donna e nell’uomo. La specificità non è della scrittura, è delle donne, del loro modo di guardare le cose e di sentirle intensamente.
Come donna, vedo il mondo dal mio punto di vista, e ho un parametro di valutazione diverso da quello maschile. Do più importanza ad alcuni aspetti piuttosto che ad altri, sono riflessiva, ostinata, ed è naturale che tutto ciò sia presente nella mia poesia. Ma non mi preoccupo mai a priori di usare un linguaggio femminile, o di rivolgermi ad un pubblico di sole donne. Non mi preoccupo affatto di questo quando scrivo. C’è il mio vissuto, ma c’è anche il vissuto di chi mi sta attorno, uomini e donne, bambini e adolescenti, animali e piante. Cerco empaticamente di assimilare i sentimenti degli altri, di capirli da dentro, di entrare nella loro anima.
Sono due cose molto legate. Anche perché vengo da un’altra tradizione culturale, letteraria e poetica in cui queste due cose si trovano in stretta correlazione. Nella tradizione letteraria in lingua portoghese la poesia è sempre molto concreta, corporea. La tradizione aulica, come la si intende in Italia, non è connaturata al nostro modo di fare poesia. Il corpo sta dentro la parola, la parola è parte del corpo. La poesia è dunque qualcosa di profondamente umano, fragile come noi siamo fragili e splendida come solo un corpo giovane può esserlo. Anche quando parla del dolore o della morte.
Si, la maternità o l’assenza della maternità influenza e ha influenzato la mia scrittura. Scrivere è un gesto materno. Le poesie, i libri sono come dei figli di carta. Una donna può forse capire tutto ciò con più profondità e anche con più sofferenza.
Nella poesia non si può barare. Lo si può fare, o tentare di farlo, con altri generi letterari, ma non con la poesia. La poesia è un viaggio dentro di noi e dentro le cose, una discesa nel cuore del mondo e della vita. Un’energia, una scarica di adrenalina, una epifania, ma anche un salto nel vuoto, una scossa spesso dolorosa, uno scavo continuo e uno svisceramento senza sosta.
Mentre un poeta, uno scrittore, di solito ha una donna, una musa, una compagna che lo appoggia, lo incentiva, lo sprona, la donna spesso non ha nessuno con questo ruolo, anzi deve rubare, al proprio compagno, ai figli, alle faccende di casa, al lavoro, il tempo da dedicare alla sua scrittura. Il tempo dello scrivere è un tempo “rubato”, per il quale spesso si hanno dei sensi di colpa. Ad una donna si possono far pesare i momenti che lei dedica allo scrivere, mentre un uomo può chiudersi anche tutta una giornata nel suo studio per scrivere e probabilmente non lo guarderò nessuno con il brutto muso del rimprovero.
Un poeta di oggi deve parlare del proprio tempo. Che senso avrebbe altrimenti scrivere? Perché scrivere ha un’importante funzione cognitiva, e anche etica. Scrivere deve servire per la conoscenza di noi stessi e del mondo. Un poeta, uno scrittore svolge la stessa funzione di uno scienziato, con altri mezzi. Freud diceva che aveva imparato tantissimo dai poeti e nessuno come un poeta è capace scendere nella parte più profonda dell’anima. Questo serve per capire il proprio tempo, per dare anche un senso alla storia, che talvolta ci sembra una successione di eventi senza significato.
Più che eliminare tante brutte parole, vorrei eliminare fatti o cose che queste parole indicano e definiscono. Il problema non è quello del linguaggio, ma delle persone che lo usano, e spesso male, perché sono vuote di senso o hanno travisato il senso della vita.
Attribuisco molto importanza alla voce, perché la voce è parte del corpo, la voce è fisica e la mia poesia, come ho detto, è corporea, concreta. Inoltre per me la poesia deve avere un rapporto con la realtà. La parola poetica non deve allontanarsi dalla parola di tutti i giorni. Il poeta non vive in un castello lontano, ma vive in mezzo alle persone, si sposta in autobus, in metropolitana, fa la spesa, discute di politica. Tutto questo deve fare parte della poesia, in tutto c’è poesia.
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È sempre un rapporto problematico. Gli editori, quando pubblicano un libro di poesia, pensano di averti fatto il più grande favore, un regalo immenso e che tu dovresti essere, per questo, grata per l’eternità. A loro spesso non interessa sapere quante ore della tua esistenza e di quella di altri ci sono dentro le pagine di un libro. Talvolta si è presi dallo sconforto e non si abbandona la scrittura perché non si può farne a meno!
- - - Gruppo 8 di Poesia (Anna Bellini, Claudia Calvi, Serenella Gatti, Guiduccia Maccaferri, Loredana Magazzeni, Stefania Magri, Graziella Poluzzi, Paola Tosi, Alessandra Vignoli, Vannia Virgili, Anna Zoli), Bologna, 21 marzo 2005 Inizio pagina corrente Poesia Pagina iniziale (by Claudio Maccherani ) |