Poesia
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Antônio Lázaro de Almeida Prado "Visita da poesia" (...) Uccelli Convulsi
(Vencedor de Seção de Poesia de Lecce), é prefaciado pela Professora
Luciana Stegagno Picchio, essa docente universitária italiana tão amiga do
Brasil e dos povos de língua portuguesa. (Antônio Lázaro de Almeida, Prado, "Visita da poesia", in Voz da Terra, Assis, Brasile, 8/8/2001, p.4) Presentazione di "Uccelli convulsi" Vera Lúcia de Oliveira, brasiliana, si è laureata in Lettere in Brasile e in Lingue e Letterature Straniere Moderne presso l’Università degli Studi di Perugia. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Lingue e Letterature Iberiche e Iberoamericane presso l’Università degli Studi di Palermo. Insegna Lingua e Letteratura Portoghese e Storia della Cultura Brasiliana all’Università degli Studi di Lecce. È autrice di numerosi lavori su poeti contemporanei pubblicati in riviste italiane e straniere. È stata premiata in diversi concorsi di poesia e narrativa ed è rappresentata in varie antologie. Ha pubblicato i seguenti libri di poesia: A porta range no fim do corredor, 1983; Geografie d’ombra, 1989; Pedaços/Pezzi, 1992; Tempo de doer/Tempo di soffrire, 1998; La guarigione, 2000. Uccelli convulsi è la raccolta vincitrice del Concorso Nazionale di Poesia "Gino Perrone" del comune di San Donato di Lecce, premiata con la pubblicazione presso l’editore Manni di Lecce nel 2001. Si direbbe che Gli uccelli di Hitchcock hanno fatto scuola, se Vera non fosse una poetessa del tutto autonoma, indipendente da qualunque regista o altro poeta, con una forte e cruda voce propria. I suoi uccelli, però, come quelli del famoso regista, sono anch’essi dei simboli, delle metafore del nostro vivere amaro: siamo noi i "distillati dalla notte" e questo è il nostro vivere "un volo innaturale", e nessuno può udire "il sangue sgorgare dal buio" perché è sangue, dolore che sgorga dentro e che ciascuno tiene chiuso in sé (p.33). Vera si sente e si disvela passero malato e ferito, trafitto nel volo indifeso di una vita, che cerca disperatamente di rimanere in quota (p.13). Le rondini invece hanno paura di uscire dal nido, paralizzate nell’alternativa di morire di freddo o d’inedia (p.29). E il dolore mai sopito dell’infanzia ritorna sordo e diffuso nel corpo di bambina (p.39). Un brivido percorre l’autunno, è la premonizione delle giornate invernali che attendono la vita di ogni creatura terrestre, è il presentimento e la consapevolezza della caducità del corpo, destinato a tornare alla terra (p.51). E sempre, non solo l’anima di Vera, ma quella di tutti, è "come una scheggia di vetro che si conficca" (p.32). Questa cruenta scheggia, poi, è sempre più dentro di sé che Vera la conficca con la sua insistente analisi, la sua acuta introspezione, e non sai se, indagando così nel profondo, lei vada in cerca della monta liana "maglia rotta" (vedi la poesia "In limine" in Ossi di seppia) da cui sfuggire al dolore per giungere non alla felicità, ma almeno a una qualche speranza di quiete, o se invece non voglia piuttosto rigirarsi la lama, la scheggia, nella piaga, feroce autopunizione per una colpa che sente di dover pagare. In Vera tutto muove all’insegna del dolore, e non solo in questo, ma anche negli altri suoi libri di poesia. Però in questo pare che la negatività della vita giunga al parossismo, e ciò è evidente dal linguaggio usato: carne viva - osso - sangue - convulso - sbucciare … la pelle - spigoli - cemento - calce - macina - frattura - monconi - urlo - frantoio - spazzatura, etc. e tanto tanto buio ricorrente. Vera usa termini e vocaboli concreti dalla pesante fisicità per indicare a contrasto intense realtà spirituali, il suo lessico ruvido e petroso affronta le radici nella lacerazione della non appartenenza, è espressione di una poetica di alta e sensibile profondità che presenta aspetti svarianti dal surrealismo al simbolismo. Concludendo, sembra che a squarciare il buio dal quale Vera si sente avvolta, rimanga la speranza che, col dolore anestetizzato, non si perda però quel tanto che importa di noi, non scompaia per sempre, ma seguiti sulla terra, magari attraverso la poeia, parlando negli altri. E questa modesta speranza è offerta "con anestesia" nell’ultima poesia in chiusura del breve denso libretto (p.53). (Michelangelo Pascale, presentazione di "Uccelli convulsi" alla Sala della Vaccara di Palazzo dei Priori, Perugia, 27/03/2002) "Poesia, incontri ed emozione a Palazzo dei Priori in Perugia" Nella splendida Sala della
Vaccara, tra pareti affrescate e volte millenarie dove il tempo è stato
testimone di storie e vicende umane, mercoledì 27 marzo tre voci
dell'Associazione culturale "Il Merendacolo" hanno presentato le
loro ultime raccolte poetiche. Voci che toccano le corde più recondite della
nostra sensibilità. voci che parlano la lingua dell'irrazionale e nel
contempo del quotidiano, voci che si insinuano dentro di noi a scovare antiche
ferite, a echeggiare i gemiti più nascosti della nostra anima malata. Tre
voci diverse tra loro, con diversi substrati emozionali, con diversi timbri
stilistici e processi realizzativi, insomma tre peculiari "solisti"
che alla fine sì ricompongono in un solo "acuto" pregnante e
significativo e riescono ad innalzare un afflato unico dl emozioni e
sentimenti: è questo in fondo il mistero della Poesia. (Vincenzo Gunnella, “Poesia, incontri ed emozione a Palazzo dei Priori in Perugia”, in Il Giornale dell’Umbria, Perugia, Italia, 02/04/2002, p.3) "Passaros convulsos" - Poesia.net n.235 [Boletim de poesia online]
(Carlos
Machado, "Passaros convulsos", Poesia.net n.235, Ano 5, São Paulo,
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