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"ero in un caldo paese"
- Vera Lúcia de Oliveira, 2019
A Ilde Arcelli (in memoria) |
Ero
in un caldo paese
Vera Lúcia de
Oliveira
(Maccherani)
"Un
sogno di bellezza un di mi prese.
Ero fra calda gente in un caldo paese."
(Sandro Penna)
opera
poertica vincitrice (seconda classificata) del
concorso "Faraexcelsior", Rimini,
2019
Fara
Editore
Rimini,
ottobre 2019
ISBN: 978-88-94903-75-1,
10x19 cm,88 pag, 10€
(in copertina Orma di luce di Dante Zamperini)
Postfazione di Maria Borio
©
Vera Lúcia de Oliveira
Selezione di poesie:
c'è
una ballerina in me / se
mi avete amata
il sole irrompe / le
rondini sono tornate
non sono mie le guglie / aperto
all'orizzonte
eravamo in fila / girava
per sentieri
Per
l'acquisto del libro: Fara Editore,
Via Covignano 165-B, 47923 Rimini (RN)
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c’è
una ballerina in me
pronta
a occupare il mio corpo
per
vederla bisogna andare a fondo
infilare
la mano con delicatezza
nella
pancia di Dio |
se
mi avete amata diceva
con
la sua risata chiara
dite
che a casa mia
avete
trovato il pane
dell’amicizia
e
il vino della poesia |
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il
sole irrompe
e
ferisce la nebbia
cammino
nell’alba
scorgo
le cose
che
sgorgano
dal
nulla
come
se il mondo
fosse
nato
ora |
le
rondini sono tornate
ai
cornicioni di casa
volano
come se avessero il cielo
tutto
per loro
una
è partita in picchiata
passando
rasente al muro
potevo
quasi allungare la mano
e
saggiare il colore
del
volo |
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non
sono mie le guglie
di
montagne illuminate
non
sono miei gli orti
profumati
di resina e rose
erba
fresca recisa
non
sono mie le orme
su
vie ritorte di una città
che
il tempo ha modellato
non
sono miei gli occhi
che
vegliano dalle finestre
levigate
da venti e piogge
non
sono nata qui
ma
i muri mi annusano
quando
m’incontrano |
aperto
all’orizzonte
di
San Damiano
che
si allontana e si perde
nella
nebbia
Francesco
viaggia
non
può più camminare
gli
occhi seguono strade
che
scendono a precipizio
e
sfiorano Dio |
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eravamo
in fila
con
le candele accese
attenti
a non perdere il passo
attenti
a che le ombre
non
ci ingoiassero |
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girava
per sentieri e la luce pareva dilatarsi e confluire e mescolarsi in
una tavolozza
di
gialli e arancioni che grondavano dalle siepi sui prati e sulle colline e
monti in lontananza
era
come camminare in una tela di Van Gogh in mezzo ai campi incendiati dalle
spatole di colori
attenti
solo
a
non risvegliare
i
corvi |
Perugia, 13 novembre 2019
(foto di Vera Lúcia de Oliveira)
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Postfazione
Diverse
geografie
La poesia di Vera Lúcia de Oliveira
Nella
scena degli scrittori bilingui, ormai realtà costante e naturale in
moltissimi paesi, la scrittura di Vera Lúcia de Oliveira è un sottile
anello di raccordo tra il mondo lusitano e le forme della lirica italiana.
I paesi diventano spazi, le distanze relazioni: in Ero
in un caldo paese l’autrice, sempre legata alla rappresentazione
della vita intima, mai in modo confessionale ma come stato consapevole di
una voce civile, disegna mosaici interiori centellinati, per mettere a
fuoco il significato di una doppia appartenenza, della maturazione di una
persona che ricuce ogni scissione tra il paese e la lingua di nascita e
quelli di destinazione, trasfonde l’origine e la meta, riesce a
calibrare con saggezza ogni processo che da ‘ciò che siamo’ ci porta
ad essere ‘ciò che diventiamo’.
In
questa prospettiva si deve leggere il senso dell’epigrafe da Sandro
Penna, da cui è tratto il titolo: “Un sogno di bellezza un dì mi prese
/ ero fra calda gente in un caldo paese”. Dell’illuminazione estatica
della poetica di Penna – che con versi come questi forava gli assetti
borghesi della società fascista del suo tempo e ci portava fuori dalla
storia e dall’ideologia per squarciare con uno slancio lirico vorace
quell’ideologia – la poesia di Vera Lúcia de Oliveira assorbe la
tensione lirica con cui contorna un’esperienza di duplice identità, che
sa presentare la ricchezza delle differenze. Cresciamo veramente solo
nella relazione tra più dimensioni.
Nelle
poesie brevi e scattanti, che assomigliano a tessere di un mosaico
perfettamente incastrate, i sensi e l’intelligenza cooperano. (...)
È
una mistica che ci mette di fronte all’intimità della persona in modo
genuino e rappresenta i passaggi tra la lingua di nascita e quella di
destinazione come se fosse una ri-nascita con un valore sacro. In più
punti si parla di Dio (“nella pancia di Dio”, “dio della bellezza
del mondo”, “gli occhi seguono strade / che scendono a precipizio / e
sfiorano Dio”): non è tanto l’immagine divina delle Scritture, ma
quella di un senso di religiosità come collegamento tra più vedute e la
loro rigenerazione, che ha tra i suoi momenti centrali l’esperienza del
bilinguismo. Uno dei testi chiave dice: “Abituare la lingua / abitarla
nel fondo / della radice / più intima”. L’idea mistica di Ero
in caldo paese è proprio qui: nella consonanza tra l’abituare
e l’abitare, tra l’esercitare la
parola e la persona alla vita e il sentire come assimiliamo i linguaggi e
le cose avvertendo, nella complessità dell’assimilazione, una catarsi.
(...)
Si
può riconoscere, adesso, bene anche la geografia: prima la scrittura
presentava spazi interiorizzati e metafisici, ora si vedono i luoghi
reali, l’Italia, l’Umbria con i suoi borghi e i suoi toponimi, in cui
l’autrice torna salda nella propria biografia e tiene insieme tutte le
distanze, le diversità, la luce
e il buio.
“Si
può amare la notte come il giorno” e “Ogni occhio è un buco / nero
dell’universo / ha concentrato / così tanta / energia / che si è /
aperto”: al fondo del buio c’è qualcosa che può spalancarsi e farci
conoscere la somma del vissuto, cosa abbiamo imparato, quale conto, con
umiltà, possiamo presentare. È molto interessante che nel libro questo
percorso avvenga con un movimento da un inizio mistico e lirico a una
drammaticità barocca, quindi da una catabasi elegiaca a una anabasi che
ricompatta la biografia personale e la fiducia nella sua esperienza: un
movimento che si muove in modo elastico tra la prima persona e la terza,
tra un guardare dall’interno e dall’esterno, tra due identità, dove
lo slittamento fra quella subliminale e quella in emersione è sempre
molto sottile. Si porta nella scrittura una biografia nuda, fresca e con
una consapevolezza multi-prospettica, che gli autori bilingui radicati in
due paesi e in due tradizioni letterarie hanno oggi la capacità di saper
fare con una efficacia e una maturità che a volte quelli
monolingui, legati a un unico scenario culturale, riescono a
raggiungere in più tempo. Libri come Ero in
un caldo paese, dunque, offrono anche una chiave per riflettere su
come spostare altre lenti sopra le tradizioni, i flussi, le dinamiche
degli immaginari. Ogni scrittura multi-prospettica può parlare, oggi, con
naturalezza di rivoluzioni. Maria
Borio |
Recensioni:
Gian Ruggero Manzoni, farapoesia.blogspt.it,
26/12/2019; Silvia
Camillotti, Il gioco degli specchi, Trento, 2019/2020; Jean-Charles
Vegliante, farapoesia.blogspt.it, 2019; Paolo Polvani, La
Recherche, 05/06/2020; Mia Lecomte, Le Monde Diplomatique,
16/06/2020; Giovanni Fierro, FARE VOCI luglio-agosto 2020; Gianpaolo
Anderlini, 28/10/2022.
Recensioni
nel sito >>
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Presentazione:
Antonella Giacon, Ristorante "Il Moderno di Perugia",
Piazza Maria Montessori, Perugia, 23 giugno 2022 Presentazione >> |
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"Contemporary italian diversity in critical and fictional narratives", Edited by Marie Orton, Graziella Parati e Ron Kubati, Fairleigh Dickinson University Press, 6 Tinworth Street, London SE11 5AL, United Kingdom, 2021
ISBN: 978-1-68393-314-4 |
"Ero fra calda gente in un caldo
paese/
I was among warm folk in a warm country"
poesie di Vera Lúcia de Oliveira
tradotte da Ashna Ali
pp.3-9 |
Contributors:
BasirAhang, Ashna Ali, Ubah Cristina Ali Farah, Adrian N.Bravi, Simone
Brioni, Jennifer Burns, Ryan calabretto-Sajder, Marta Cariello, Clarissa
Clò, Daniele Cambierati, Lidia Curti, |
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Amara Lakhous, Marie Orton,
Graziella Parati, Eleanor Paynter, Fulvio Pezzarossa, Wendy pojmann, Lidia
Radi, Lucia Re, Kevin Regan-Maglione, Caterina Romeo, James Walker, Enrizo
Zammarchi |
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(by
Claudio Maccherani )
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